martedì 15 aprile 2008

LA SPOSA BAMBINA OTTIENE IL DIVORZIO.

Nojoud, 8 anni, sorride, mangia una fetta di torta al cioccolato e stringe un grosso orso di peluche rosso. Festeggia il suo divorzio dal marito trentenne, deciso oggi da un giudice a Sana’a in Yemen. Nojoud Muhammed Nasser, la prima sposa bambina a chiedere il divorzio dal marito in un tribunale dello Yemen, ha vinto. È libera. Era fuggita dalla casa dello sposo il 2 aprile per presentarsi tutta sola in un tribunale della capitale. Aveva denunciato il padre, che l’ha costretta a sposarsi due mesi fa, e il marito che l’ha picchiata e forzata ad avere rapporti sessuali.
La legge in Yemen fissa i 15 anni come età minima per il matrimonio, ma non punisce le famiglie delle minorenni che le danno in spose prima di quell’età. Oggi a mezzogiorno il giudice Muhamed Al-Qadhi ha annunciato la sentenza. Ha stabilito che gli abusi del marito nei confronti di Nojoud e il fatto che non era ancora «matura» sono una ragione sufficiente per annullare il matrimonio. «Ogni volta che volevo giocare in cortile, mi picchiava e mi faceva andare con lui in camera da letto — aveva raccontato la bambina —. Quando lo imploravo di avere pietà, mi picchiava, mi schiaffeggiava e poi mi usava». L’annullamento su richiesta della donna, previsto dalla sharia e dalla legge yemenita (che si basa sulla prima), si chiama «khol’e». Prevede anche che la famiglia restituisca la somma pagata dal marito come dote per le nozze. Il giudice ha ordinato alla famiglia di restituire 100.000 rial (316 euro) all’uomo. «È stato possibile grazie ai soldi inviati da lettori commossi, soprattutto dagli Emirati Arabi Uniti», spiega il reporter Hamed Thabet dello Yemen Times, che per primo ha intervistato la bambina e che ha seguito la vicenda fino alla fine.
Il padre della bambina, Muhammed Nasser, si è detto pentito di averla data in sposa: ha detto di averlo fatto perché è povero e non aveva altra scelta. Non è stato incriminato. Il marito, Faez Ali Thamer, che era stato arrestato il 2 aprile su decisione dello stesso giudice, ha accettato i soldi e, dopo l’annullamento delle nozze, è stato liberato. «Cosa vuoi adesso, Nojoud?», le ha chiesto dopo la vittoria il reporter Thabet. «Vorrei studiare. Vorrei una torta e un grosso orso».
Un lieto fine. Ma, osserva l’avvocatessa Nasser, resta il problema della legge. Il codice civile yemenita non impedisce ai tutori delle minorenni di darle in spose. Nel Paese oltre il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e il 46% degli abitanti hanno meno di 15 anni. I figli a carico sono spesso visti come un peso nelle zone rurali. Oltre il 50% delle spose, secondo uno studio del 2006, sono bambine, di solito tra gli 8 e i 10 anni. Diverse associazioni per i diritti umani e delle donne, insieme a 61 deputati del parlamento yemenita, hanno sollecitato una legge che imponga come limite minimo per il matrimonio l’età di 18 anni. Ma la Commissione Giustizia sostiene che non ci sono le basi per modificare la legge secondo i dettami dell’Islam. «Lottiamo dagli anni ‘90 per cambiare la legge e la Costituzione, che stabilisce che la base della legislazione debba essere la sharia», spiega Amal Basha, direttrice del Sisters Arab Forum for Human Rights al telefono da Sana’a. «Bisogna cambiare la legge sui matrimoni precoci per molte ragioni. Non è solo una questione di diritti umani e di diritti del bambino ma anche una questione di sviluppo – spiega - . I dati sull’abbandono scolastico in Yemen sono molto alti, quelli sulla mortalità infantile sono tra i peggiori al mondo, e questo è legato all’età precoce dei matrimoni. Bisogna evitare che ci sia una enorme popolazione femminile senza istruzione e impreparata al mondo del lavoro, vittima e causa della trappola della povertà».

(DA CORRIERE.IT)

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